HANNO SCRITTO DI LUI:
VITTORIO SGARBI – NUCCIO MULA – FRANCESCA LICARI – ROSETTA ROMANO – ESTER CREMONA – ROSANNA FULGONI – PINO CIRAMI – FRANCHINO FALSETTI – CARLO FRANZA – GIANNI GALLINARO – FRANCESCO GALLO MAZZEO – DARIO ORPHÈE
RECENSIONI :
Vittorio Sgarbi
«Sembrava avviata a percorrere stabilmente la strada della figurazione, la pittura del siciliano Piero Baiamonte, cantore di una femminilità giovanile adeguata ai canoni della Fashion Age, come è stata chiamata. Poi, qualcosa si è insinuato nel suo modo di vedere, un bisogno di sperimentare soluzioni che mettessero in discussione i punti di approdo fino a quel momento conseguiti, come a volere cercare qualcosa di più specificatamente artistico dietro l’esposizione di belle apparenze alla moda, per quanto non prive di un loro fascino. Il risultato è nella produzione battezzata dallo stesso Baiamonte “essenzialista”, chissà se con valenze analoghe a quelle con cui il termine è concepito in filosofia: la svolta è netta, la figurazione non c’è più, e con essa le aggraziate figliole. Al loro posto, un astrattismo geometrico di matura concezione, fatto di impianti strutturalmente articolati, ottenuti dalla combinazione di elementi semplici, in particolare di filamenti rettilinei che s’intrecciano e aggrovigliano a ragnatela, non potendo non ricordare, in questo senso, i “nodi” di Emilio Scanavino, che negli anni settanta venivano dipinti realisticamente, come fossero fatti di fil di ferro, dotati, quindi, di corpo plastico e ombreggiante. Fra le trame segniche (che siano tendenzialmente planari, insistendo sul piano grafico, o definiscano immaginarie architetture gugliate di gusto un po’ costruttivista, specie quando si associano all’archetipo circolare), il colore (nel nero di fondo o nella sovrapposizione di un rosso sanguinolento, a campiture uniformi o a macchie picchiettate), e la materia stesa (ora liscia, ora più rugosa), si stabiliscono sottili dialettiche che si propongono, come una trappola, di circoscrivere situazioni di bilanciamento fra tutti i fattori in campo, per niente semplici da individuare. E’ lo stesso obbiettivo che si propongono anche opere d’aspetto diversissimo da queste, ondiformi, dove il dritto e l’angolare, altrove dominanti, vengono banditi. Conseguendo l’equilibrio, in opposizione al caos, Baiamonte avverte, e ci fa avvertire, l’alito dell’assoluto: è questa, probabilmente, l’essenza a cui alludeva.»
Prof. Carlo Franza
(motivazione al I° premio conseguito con l’opera “iperestetica 4” ad IncontrArti 2002 Erice)
“Una sorta di convito della bellezza ove la figura femminile nel suo sguardo spettacolare rivive e riscrive passato e presente con grafie che come una cornice danno valenze liturgiche”
Prof. Nuccio Mula
“…Nella sua ormai vasta ed autorevole esperienza di artista, contrassegnata da riconoscimenti e gratificazioni di critica e di pubblico, Piero Baiamonte attraverso il graticcio dell’apparenza ha saputo e voluto testimoniarci anche le molteplici esperienze del suo relazionarsi a ciò che esiste, respira, pulsa, s’illumina, ci abbaglia, ci ottenebra dietro il sipario colorato degli ingannevoli veli del visibile…”
Prof. Franchino Falsetti Università di Bologna
Ho avuto, in altre importanti occasioni, il piacere di conoscere ed apprezzare le opere dell’artista Baiamonte. Anche questa occasione è particolarmente interessante e stimolante per conoscere l’universo pittorico dell’artista.
Ciò che va sottolineato è la centralità creativa: la donna come oggetto e soggetto di un controverso immaginario che muove l’ideologia del consumo e del mercato del “visibile”.
La ricerca è finalizzata a cogliere gli stereotipi della quotidianità in un intreccio tra le tendenze consumistiche ed il desiderio di vanificarle e di tentare una nuova “affermazione dell’io”: “dell'”Io” immagine. E’ un percorso complesso, ricco di invenzioni, di adattamenti, volto a Mostrare tutte le contraddizioni che convivono con la nostra esperienza quotidiana e con la voglia di girare pagine ed aprirsi a nuovi e più genuini desideri.
E’ il gioco delle contaminazioni e dei condizionamenti senza limiti. E’ il gioco delle attese, delle speranze e dei piaceri contingenti, naturali, spontanei e vitali.
Baiamonte non è solo un artista di talento ma è anche un attento psicologo.
La sua pittura, infatti, la possiamo paragonare ad un libro illustrativo dove le immagini non sono fruiili per il raffinato e sentimentale cromatismo, ma per messaggi “invisibili” prodotti da una scrittura particolare: il nostro inconscio.
La produzione di Baiamonte è la ricerca introspettiva dell’essere, dei linguaggi antropologici della vita.
E’ la costruzione di un progetto culturale legato alla semiotica del vivere e del vivere della donna, che rappresenta l’ideale convergenza della cultura dei miti degli anni 2000. La ricerca della “identità” lega il significato alla femminilità e pone il volto della donna quale specchio per nuove indagini e nuovi significati.
Il tema della “identità” è motivo costante della produzione artistica di Baiamonte: identità minacciata dai processi di omologazione , dalle esaltazioni della cultura dell’effimero, dagli elogi dell’effimero, dal desiderio demonizzante di specularità narcisista.
“La donna allo specchio”, “Figura”, “desiderio”, “Ancora donna”, “Glamour”, “moda game”, “Beautiful omologation” sono opere significative per capire questa indagine dentro e fuori l’ideale femminili.
Si coglie il senso di condanna che l’uomo e la donna vivono oggi nell’epoca delle cosiddette “libere espressioni”. Sinora ancora una vena romantica che si incanta e si agita nella rappresentazione della “bellezza”: una bellezza tutta femminile che conturba e trasmette quel dolce rapimento dei sensi e dei desideri. Questa vena di soft sensualità che pervade l’intera produzione dell’artista è un’altra costante, non secondaria.
E’ l piacere del “guardare”: guardarsi allo specchio, guardasi con vanità, guardarsi con piacere e per piacere, guardarsi perché colpevole involontaria di un mondo che la vuole oggetto irrefrenabile di ogni tentazione e seduzione.
Baiamonte è un attento testimone di un’epoca che sta perdendo ogni certezza e speranza per il futuro ed i suoi quadri sono un intelligente antidoto per non perdere la memoria di sé e quella Collettiva, offrendo un entusiastico messaggio che suona come un inno alla vita, alla riscoperta dei sensi della vita e del suo più perturbante protagonista: la donna, con la sua bellezza, il suo fascino, il suo mistero.”
Pino Cirami scultore – pittore
Dell’opera di Piero Baiamonte è ene avviare un’analisi attenta e un esame critico per valutare lo spessore, il significato, e in qualche modo l’appartenenza, nel vasto panorama artistico contemporaneo.
Il suo linguaggio espressivo rimanda ad una visione che affonda le avide radici della ricerca, nell’operazione di sintesi che proprio gli artisti 60/70 hanno saputo proporre alla cultura del mondo. Il recupero dell’immagine è il recupero del mito, dei simboli, delle icone, ma anche di una nuova solitudine dell’artista. Una pittura scarna, asciutta, essenziale, ma non per questo meno elaborata intellettualmente. Pop art, arte povera, transavanguardia, arte concettuale. Piero Baiamonte, figlio anche lui delle nuove tendenze affermatesi negli ultimi decenni del millennio andato.
Ho conosciuto da poco Piero, in occasione del “Premio Zeusi”, una Collettiva d’artisti, e il suo modo garbato di porgersi ha favorito la voglia di comunicarsi le esperienze o il modo in cui sono maturati i frutti delle proprie osservazioni, delle necessarie curiosità, o degli studi acquisiti fuori dagli schemi accademici che sempre hanno tormentato di nobili dubbi i percorsi formativi degli artisti autodidatta. Percorsi induttivi per la necessità di accumulazione che alla fatica per farla propria, così sembra, affianca una grande voglia del “fare” artistico, dello sperimentare ogni volta nuovi equilibri, sintesi originali sempre più pregne di significati stimolanti in ordine ai contenuti pittorici e all’estetica, alla ricerca di un Personale linguaggio che permette la crescita dell’uomo e la maturazione dell’artista.
Una mitezza, quella di Piero, e un garbo, che si riflettono nella pulizia delle sue invenzioni pittoriche e che però non rifuggono la curiosità, la voglia di ricercare, il proporsi.
(L’educazione di una mamma attenta e colta, mai invadente, sempre presente, con la sua statura, il suo ruolo, è nella ossatura della sua formazione, anche quella artistica).
Immagini, le sue, stilisticamente essenziali, mai confuse o disperate. Anzi, i suoi miti: la donna della fotografia, della moda, del cinema, dei manifesti, egli li ripropone con un processo intellettuale che tiene conto d’una costruzione formale del quadro che conquista lo spazio col silenzio dei suoi colori monocromatici che sanno sbordare elegantemente sulle cornici, o un sussurrato anelito di nostalgica sensualità propria delle pose di taglio fotografico, che assumono le sue silhouettes desiderose di assurgere a personaggio, a mito appunto. Figure sole, poggiate su di un anonimo fondo, piatte, sdraiate o raccolte nello spazio del quadro con l’arroganza della loro bellezza, la solitudine della loro eleganza; assenti e misteriose si propongono accompagnate da geniali astrattismi o da testi grafici. Lampi di colore delle sue mute canzoni.
Piero ama la musica, cerca il canto con le sue immagini, la canzone d’autore con i suoi velati cromatismi. Altrettanto colto è il suo paesaggio. Squarci che aprono all’infinito o a ciò che di profondo e impalpabile esso contiene. Originali metafore per indagare col cuore e costruire con l’intelletto. Un rimandare a processi culturali ed una visione della memoria, senza la necessità di narrare, semmai, con la pretesa di evocare sensazioni. Pretesto per riproporre, così il personaggio che l’aurora dopo l’infinito. Speranze di silenzio meditato. Piero Baiamonte che faccia sperare a sodalizi costruttivi che possano saziare questa sete di sapere, di raccontarsi, di fare, che giustifica, tutto sommato, il privilegio di essere artisti, comunicatori, autori, cantori di sensazioni magiche.
Francesco Gallo Mazzeo
Essenzialismi: “Essenzialismi, sono radicalità, alfabeti elementari, che portano ogni discorso, su qualsiasi argomento, filosofico, estetico, poetico, alla propria fondazione, alla scaturigine, al punto oltre il quale c’è il nulla, che noi non sappiamo concettualmente che cosa sia, ma identifichiamo con la completa assenza, sia di visibilità, che di linguaggio. Fermarsi a questo punto, è come mettersi in una situazione originaria in cui l’ambito delle potenzialità, si esprime al massimo di ogni qualità, perché tutto è da dire, tutto è da tracciare, tutto è da identificare…”. Per varie analogie questo periodo storico può ricondursi ad una necessaria quanto naturale forma di “Essenzialismo”. Come si addice ad una caduta nella schizofrenia di tempo e spazio, in cui tutto può essere compreso e acquisire un significato, umanizzante, sia quando sembra assumersi tutte le responsabilità del comunicare, che del semplice esprimere, nel continuo ergersi delle trame poetiche e fantastiche, che dipendono la loro ancestralità antropologica, l’innata attitudine alla ricerca e allo stupore. E’ chiaro che si tratta di una metafora, di una linea tendenziale, che si propone di privilegiare la discesa nel profondo, nella sottrazione della luce, forse per sottolinearne la preziosità, perché è proprio essa ad istituire il principio di realtà, che appartiene anche alla narrazione del sogno, ai suoi salti logici e temporali, ma avvolge di continuo la quotidianità, rendendola esterna o fulminea, a sottolinearne l’assoluta psicologia, l’idealismo mediatico, che porta a scoprire nel passato, come nel futuro, le linee di un destino, oppure le disseminazioni dello scandalo, tra natura ed artificio, che viste da vicino sembrano tutto, ma viste da lontano, dai notturni siderei, sono il nulla, nei continui travestimenti della ragione che sembra follia e della follia che sembra ragione… …
Dinamica e Meditazione: Piero Baiamonte corrisponde ad un panegirico creativo che transita da linguaggi a linguaggi, contaminando e fecondando, come si conviene ad un inquieto inseguitore dei meccanismi che presiedono una certa vita del pensiero, quando non si applica all’immediatezza del reale, del circostante, una trasvola in una vera grande libido che si attacca ad ogni sensualità organica o materica, purché si tratti di qualcosa di plasmabile, che si lascia modificare, plasmare, prendere le sembianze di un quid che non si ritrae in un extra mondo, ma si svela, per zolle euclidee, taletiane, ma anche per suggestioni che si chiamano Scanavino o Valentini, giocando con l’idea di perfezione, utilizzando il vocabolario dell’impossibile, dove solo i numeri e le geometrie possono guardare negli occhi ogni ipotesi di infinito. Mi vengono in mente le linee portanti di Carmelo Cappello e di Arnaldo Pomodoro, come sostegno memoriale e fondativo di un atteggiamento di sfida a se stesso, all’incongruenze di un ordinario dove tutto si sfalda e si guadagna una progettualità poetica, che non scandisce i tempi rapidi dell’immediatezza, ma s’accorge di un’economia segreta, che sembra astrale senza esserlo del tutto, ma inebriandosi in essa, come l’atomo con il corpo, via via in una scolarità, che appartengono all’invenzione e alla scoperta, in un paradigma che ripete a tutti il suo verso che legge Leonardo e sogna ogni cielo. Dinamica è la nomenclatura stessa della modernità, che nasce dalla m, lettera alfabetica mutuata dall’alfabeto egizio, che connota l’atto generativo, il continuo divenire, che non ha mai soste e quindi afferma un continuo mutamento formale e contenutistico, spostando sull’originalità e sull’attraversamento, ciò che prima stava sull’ originarietà e sulla contemplazione, all’interno di una nuova concezione del tempo e dello spazio, in proiezione verso l’ignoto, connotando così le ipostasi di un disagio, che sempre si manifesta quando avviene uno slittamento dal noto all’ignoto, quando si passa dalla decorazione dell’anteriore alla individuazione dell’ulteriore, che diventa una costruzione dell’ignoto, almeno fino a quel momento fatidico. Nella dinamica, che è la vita stessa delle avanguardie e delle transavanguardie, si alimenta e si consuma, ma si riforma continuamente, un magma denso e pieno di risorse, a cui si può attingere, con risultati diversi, anche distanti tra di loro, giovandosi di un effetto di trascinamento, che porta sempre più lontano, alla conquista di nuovi spazi concettuali, alla moltiplicazione delle possibilità combinatore, in una sorta di chimica alchemica, anche in senso psicologico, per cui lo scandalo e l’errore vengono a saldarsi in una catena di scandali ed errori, che poi si scambiano il volto con le verità, diventando ragionamenti e luoghi comuni, perché inseriti nella multiforme combinazione di moda continua e spettacolo imperante. Meditazione è tutto ciò che viene da lontano, dal nostro lontano, che una volta è stato presente, attualità, ma non è stato mai messo da parte, per cui è venuto a configurarsi, come una grande memoria, come ad una ricchezza, che si è chiamata tradizione e di cui non si può prescindere, se si vuole essere sicuri di luoghi della realtà e dell’anima su cui potere poggiare i piedi e di atmosfere mentali a cui fare riferimento per potere conoscere, con la mediazione fondamentale e complessa dell’io, dell’individuo fondante, che quando si separa dall’altro, dal mondo, resta con se stesso, dandosi un monologo interiore, un quid che lo metta in contatto con tutta la ricchezza del sé, senza di cui tutto si fa nebulosa e viene a mancare, il principio stesso della conoscenza, dentro cui si situano, le emozioni, le passioni, le nevrosi, gli slanci di generosità e gli egoismi sfrenati. Nella meditazione, si trovano le tracce del passato, della propria vita e di tutte quelle che con essa sono venute ad intrecciarsi, avverando le leggende e i miti, all’interno di narrazioni ricche di fragmenta, che fanno da struttura, da ossatura, a una memoria, che è fatta di detti, non detti e contraddetti, in un continuo tramestio, che nella mente silente ed autoriflessiva, diventano una ricca circolarità, dove il visibile e l’invisibile, non sono estranei vicendevolmente, ma si danno una mano, come succede in ogni dialogo, i cui opposti di toccano ed a volte vengono a coincidere, facendoci parlare di quella conspiratio oppositorum, che può esistere solo nella mente umana, ma che esistendo in essa, finisce con l’essere reale più reale del reale: quindi virtuale, quindi reale, in un circolo virtuoso, che non finisce mai di sorprende, perché in effetti noi siamo sconosciuti a noi stessi, ma così, in questo modo, con questa pratica, lo siamo un po’ meno, quindi siamo di più. Dinamica e meditazione sono due alternative che, nei linguaggi creativi, pittorici, plastici, che oggi sono sempre più contaminati, mescolati, con la peculiarità tecnologica che impregna tutto l’essere e l’apparire, anche quello che, nell’immediatezza, sembra più legato alla tradizione e alla storia, ma ricordandoci sempre che nell’antico, molto mitizzato, le statue, i templi e le case, tutto era dipinto proprio perché il crinale del cambiamento continuo, che corrisponde all’etimologia della modernità avanzata, liquida, obbligato a scommettere sull’originalità. In sostanza nessuno può “tradire” il proprio tempo, sia quando vuole tentare la fuga in avanti, che quando si sente orfano del passato e vuole ripercorrerlo o impiantare in esso, perché c’è oltre alla consapevolezza, un trasudamento molecolare che gioca una dialettica di movimento e di stasi in un ondeggiare continuo, per quanto asimmetrico, che corrisponde ad una sperimentazione e ad una riflessione, che è linguistica in senso teorico, complessivo, pronta a specificarsi nei molteplici rivoli della fenomenica che corrisponde ai nostri sensi alle espressioni del desiderio, nelle emozioni, che si fondano sulla memoria e ad essa tornano, dopo i flussi del presente, dopo aver lasciato tracce che tocca ai visionari astrarre dal nulla, ai deliranti innalzarle a pensiero.
Dario Orphèe (Critico D’arte)
Essenza e Dinamica L’idea di fondo della ricerca sofisticata di Piero Baiamonte, che valica ogni confine tra espressioni artistiche differenti, è la continua sperimentazione. Ogni accordo di chitarra o pennellata sulla tela, per l’artista racalmutese, necessitano di una lunga osservazione in studio; successivamente, egli mette in atto il concetto nella forma, rivestendolo di un metodo. Nato a Caltanissetta nel 1958, vive e lavora a Racalmuto. Da sempre, le sue inclinazioni sono state quelle di un inquieto artista che, ponendo lo sguardo all’infinito, tenta di sfidare continuamente se stesso, mai contento della realtà. Per questo motivo, egli analizza la materia come se si trovasse in laboratorio; e la lavora rendendola una geometria purissima. Nelle sue opere, la nostra mente gioca con interazioni dinamiche. Se, a volte, l’occhio può semplificare una struttura, Baiamonte, da essa, ne esalta le forze percettive. Dunque, da una superficie, con pochi colori, notiamo l’aggressivo emergere di vettori che ci trasportano in vortici di coinvolgimento affettivo, i quali si evolvono in una confezione del pensiero dell’artista davvero sintetica, ma fluida. Ciò, potrebbe essere considerato un contrasto: perché una figurazione, fissa nella tela, non dovrebbe apparire in movimento continuo nello spazio. Tuttavia, la sfida artistica di Piero Baiamonte è quella di apportare alle forme una locomozione agli oggetti visivi, rendendo un tratto immobile in movimento, stimolando la retina. Tale diagramma di contrazioni ed espansioni di forze dinamiche, comunque, tiene una logica intima, che Baiamonte nasconde nei nuclei del dipinto, dai quali viene giustificato il contesto. Le parti estroflesse, le loro ombre, gli accenni cromatici e le conformazioni sono, insomma, intervalli musicali. Dall’altro lato, abbiamo il Baiamonte attento lettore della storia, che scruta giornalisticamente la società, con ironia e, spesso, drammaticità. Le sue figure di donne, infatti, sono un urlo di protesta contro ciò che l’esaltazione dell’estetica sta decomponendo.